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16 dicembre 2024
4 minuti di lettura
Tutti ne parlano, ma nessuno sa davvero cosa sia. Mi riferisco alla misteriosa identità di un supereroe mascherato? No, alla riforma del test d’ingresso. La proposta del “semestre-filtro” ha ricevuto l’ok del Senato, ma l’iter è ancora lungo e non si sa se questo cambiamento riuscirà a vedere la luce nel prossimo anno.
Di sicuro una modalità di accesso programmato rimarrà, ma ne restano ignoti i tempi e le modalità. Se davvero dovesse esserci una sorta di esame nazionale sulle materie del primo semestre, questo cambierebbe molto il modo di vivere i primi mesi da matricola. L’università è già un capitolo della vita di ciascuno ricco di sconvolgimenti: si cambiano amicizie, si cambiano routine, spesso si cambia anche città. Tutto ciò è fonte di grande entusiasmo, ma anche di incertezza. Aggiungere il pensiero di un ingresso non definitivo e l’aspettativa di dover dimostrare di essere efficienti e performanti (come se già l’ambiente accademico non lo facesse abbastanza) garantirà davvero una selezione più equa? Ai posteri l’ardua sentenza.
Sta di fatto che, qualsiasi cosa accada, non ci rimane che fare il possibile per vivere al meglio questa nuova avventura, magari attingere all’adrenalina per trasformarla in grinta e non dimenticare che questi hanno la potenzialità di essere tra gli anni più belli e memorabili della nostra gioventù. Quindi, il primo semestre significherà sicuramente tanto studio, ma non solo. Cos’altro? Scopriamolo insieme, mese per mese.
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Indipendentemente dalle novità del processo di selezione, generalmente al primo anno le lezioni iniziano un po’ più in là. Ci si può allora godere di un po’ di relax, ma senza adagiarsi troppo sugli allori, perché cose da fare ce ne sono eccome.
Si deve, per esempio, formalizzare l’immatricolazione, e già vi vedo a rileggere il bando ancora e ancora per controllare di aver seguito tutta la burocrazia necessaria, provando a sedare quella vocina che vi sussurra “Sei sicuro di non aver scordato qualcosa?”.
C’è poi l’esodo dei fuori sede che, piuttosto di un’intera Terra Promessa, si accontenterebbero di una stanzetta che non costi un rene, ma nessuno garantisce che non impiegheranno comunque la stessa fatica. E non dimentichiamo il trasloco, l’ingresso nei gruppi whatsapp delle matricole, il refresh compulsivo della pagina web dell’università in attesa dei calendari delle lezioni…
Tutto sa di nuovo, tutto sa di opportunità, ma il meglio deve ancora venire.
Finalmente suona, metaforicamente, la prima campanella. L’inizio delle lezioni è un momento atteso, ma, giustamente, temuto. Ricordo che il primo dettaglio che mi colpì fu la dimensione dell’aula e della “classe”: abituato alle superiori ad avere meno di un ventina di compagni, mi sono ritrovato davanti un centinaio di matricole indaffarate a trovare posto e a rovistare ciascuno nel proprio zaino.
“Dove mi siedo?”: questa è una delle prime domande a cui si deve trovare risposta. Può sembrare banale, ma non è affatto scontata. Alcuni potranno contare sul sostegno dell’amico di sempre, altri si affideranno al caso e, chissà, incontreranno il compagno di studi dei prossimi sei anni.
Solitamente le prime lezioni riguardano materie con cui si ha un po’ di dimestichezza dalle superiori: biologia, chimica, fisica, formule già viste, nomi astrusi ma che suonano comunque familiari (quanto è bella la parola desossiribonucleico?). Ciononostante, i ritmi sono serrati, gli argomenti comunque complessi e talvolta non sarà facile trattenere lo sbadiglio di fronte a quel prof, alle soglie della pensione, che non fa che leggere, monocorde, il testo delle slide in giallo su sfondo verde brat.
“Caro Babbo Natale, pensaci tu, quest’anno, sotto l’albero, voglio tanti CFU”. Potrebbe essere la letterina di un qualsiasi studente di medicina, perché a dicembre, oltre ad aprire le caselle del calendario dell’avvento Kinder (lo so che lo comprate anche se siete grandi e vaccinati, e fate benissimo), inizia il conto alla rovescia per il primo esame.
Nei mesi iniziali vi capiterà di gustarvi quell’autonomia che è una delle differenze più significative rispetto alle superiori. Non ci sarà nessuna professoressa arcigna a segnare una verifica al mese o a rincorrervi per i corridoi per estorcervi il voto di una decima interrogazione, quindi nessuno vi biasimerà se un giorno non avrete voglia di studiare perché è uscita la nuova stagione di quella serie strepitosa. Ma attenzione: questa libertà è una lama a doppio taglio e da dicembre potrebbe iniziare a pendere sopra le vostre teste, neanche foste dei novelli Damocle.
Ecco dunque che accaparrarsi un posto in biblioteca diventa una sfida e alcuni sarebbero disposti a usare astucci, felpe o la propria nonna per occupare quella sedia duramente conquistata.
Se non avete un gruppo di studio, è il momento perfetto per formarne uno. È un’abitudine poco comune prima dell’università, ma probabilmente una delle migliori a cui vi potete affidare. Spronarsi a rispettare il programma, confrontarsi sugli argomenti più ostici, farsi domande a vicenda renderà lo studio più tollerabile e, in men che non si dica, vi ritroverete a macinare capitoli ad un ritmo formidabile, con le immancabili pause caffè per recuperare le energie.
Quella che sento è una nuova fragranza di Arbre Magique o qualcuno se la sta facendo sotto? Nel caso, tutto nella norma: la prima sessione fa paura e, allerta spoiler, con il tempo non ci si abitua, faranno paura anche le successive, che sia l’esame di Anatomia Patologica o quella idoneità di inglese da due crediti.
Questo perché trovarci faccia a faccia col professore o con il foglio bianco non è mai cosa da poco. Dopo aver studiato un equivalente di pagine pari alla qualche ettaro di foresta amazzonica, c’è comunque il timore che quell’informazione fugga alla memoria, che magari era meglio fare gli schemi di quella parte o che forse non è stata una buona idea alimentarsi a tonno in scatola e bevande energetiche per affrontare ripassoni matti e disperatissimi fino ad orari antelucani.
“Don’t panic” miei cari autostoppisti accademici! In questi casi bisogna fare un respiro profondo e ricordarsi che lo sforzo fatto non va sprecato, anche se avete l’impressione che l’unica cosa che avete in mente è la schermata di Error404 (assieme al jingle di quella maledetta pubblicità chirichicchipuliscepiùdichanteclair ahhhh). Se vi siete impegnati, raccoglierete i frutti del vostro sforzo e, detto tra noi, i prof sanno che sono i primi esami e nessuno ha interesse a mettervi appositamente in difficoltà.
Eccoci al termine di questo semestre. È il momento di brindare, in alto gli spritz dunque: cin cin a quella domanda imprevista ma a cui sei riuscito a rispondere ragionando e cin cin anche all’assistente antipatico che ti ha chiesto la cosa che “tranquillo, non la chiede a nessuno”. Successi e fallimenti sono all’ordine del giorno, l'importante è capire subito che non sarà un numero a definire quanto vali.
Ma intanto siamo a febbraio e che ne sarà di noi adesso? In realtà non è ancora ben chiaro. Ci sarà questo sbarramento? Non ci sarà? Di sicuro la prima sessione è finalmente alle spalle, e mentre alcuni si godono il meritato riposo, altri si mettono al lavoro per recuperare qualche esame rimasto in sospeso. È anche il momento di riflettere su come affrontare i prossimi mesi: correggere eventuali errori di metodo, riorganizzare lo studio e riprendere energie per ciò che verrà.
Molti altri semestri ci attendono, questo era solo l’inizio
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