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18 dicembre 2021
4 minuti di lettura
Arriva un momento durante il percorso di ogni studente in cui bisogna decidere del proprio futuro. Solitamente questo momento coincide con la fine della scuola superiore, senza tener conto del soggettivo stato di consapevolezza e maturazione. Nell’affrontare questa situazione siamo consapevoli che le scelte, e le strade, potranno cambiare e rivoluzionarsi durante il percorso, ma questo non ci sottrae dal dover prendere decisioni che escluderanno alcune opzioni e ne privilegeranno delle altre.
Non si tratta più di scegliere tra la scuola media vicino a casa o quella in cui va l’amico di sempre, oppure tra il liceo scientifico piuttosto che l’istituto tecnico. Stiamo muovendo i primi passi verso quello che dovrebbe essere il nostro posto nel mondo e le indicazioni per non perdersi spesso si possono cercare solo dentro di sé. Insieme al diploma ci viene quindi consegnato un “rampino”, che dobbiamo puntare verso un obiettivo più o meno definito, distante da noi nel tempo e nello spazio, e che rappresenta la risposta alla fatidica domanda “Cosa voglio diventare da grande?”. Si inizia quindi con questo lancio, che per alcuni è deciso e sicuro; per altri, invece, più titubante e incosciente. Per una parte degli studenti l’arpione alla fine della corda è lanciato verso la figura del medico. Cerchiamo di indagare quindi le motivazioni e le spinte che possono accompagnare questa decisione. Quando ci si iscrive alla facoltà di Medicina e Chirurgia, si decide di intraprendere lo studio della natura macroscopica e microscopica dell’uomo, dei meccanismi che stanno alla base del suo funzionamento e di quelli che invece ne intaccano la salute. Si tratta di uno studio che da una parte permette di avere un’idea dei fenomeni che accomunano l’intero mondo naturale a cui l’uomo appartiene e, dall’altra, di spiegare ciò che invece è peculiare e rende unica la nostra specie.
La curiosità di indagare questa complessità, e quindi conoscere l’essere umano in tutte le sue componenti mentali e fisiche, fa sicuramente parte delle persone che scelgono di fare medicina. Non è possibile però trascurare l’aspetto umano di una professione il cui obiettivo rimane quello di occuparsi della salute delle persone attraverso la cura e la prevenzione. Il compito del medico non dovrebbe consistere unicamente nella conoscenza e nella scelta delle procedure mediche da applicare ai casi clinici, ma anche nel considerare l’individualità del paziente, coglierne i bisogni e le priorità, facendo sì che, nel limite del possibile, siano anche questi ultimi a condurre la cura. Quello del medico è un lavoro che sicuramente richiede di far fronte a responsabilità importanti e a situazioni di stress e difficoltà. Esso pone costantemente di fronte alla morte e alla malattia, e più in generale alle debolezze dell’essere umano. Queste debolezze poi non saranno palesi solo nel paziente, ma anche nel medico stesso, che dovrà fare i conti con i limiti dell’essere umano nella lotta contro la morte o la bassa qualità della vita. Ciò può ovviamente mettere in crisi a livello personale e richiede un costante lavoro su se stessi. Si tratta di avere tra le mani le sorti di una persona: ogni azione, piccolo errore o intuizione, può essere determinante. Questi elementi possono essere certamente destabilizzanti e, al tempo stesso, potrebbero scoraggiare un giovane volenteroso di intraprendere la carriera del medico. D’altra parte il rapporto medico-paziente, per quanto complesso e delicato, rappresenta un momento di crescita e di arricchimento personale per il medico stesso. Senza parlare dell’appagamento e della gioia che derivano dal migliorare la salute e lo stile di vita di una persona, o dal rappresentare il suo punto di riferimento.
La complessità della materia e la divisione nei campi di specializzazione che oggi caratterizzano la medicina permettono a ogni medico di intraprendere, dopo la laurea magistrale, svariate strade professionali. Questo significa poter scegliere, all’interno dello stesso micromondo, la via che più rispecchia le proprie inclinazioni. Inoltre, anche nel contesto di un’unica carriera, si ha la possibilità di applicare le proprie abilità a diverse situazioni e in diversi modi (ricerca, lavoro ospedaliero, insegnamento…). Tutto questo è sicuramente positivo per chi rifiuta l’idea di uno studio troppo chiuso e limitante e una vita lavorativa ripetitiva o uguale a se stessa. Si è parlato di curiosità, propensione e ambizione, ma i motivi che portano una persona a scegliere questo percorso sono diversi ogni volta: c’è chi viene segnato da un’esperienza negativa, magari data dalla negligenza di alcuni medici; chi nasce in una famiglia di medici e cresce immerso in questo mondo, da cui rimane ammaliato; chi sente la “vocazione”, o chi, più semplicemente, è attratto dal prestigio e dalla sicurezza economica di questa professione, e chi più ne ha più ne metta. Procedendo lungo la corda verso l’origine del famoso rampino, si è portati ad affrontare un lungo percorso di studi con tutte le difficoltà del caso, e si ha sicuramente il tempo per chiedersi se è davvero ciò che si desidera e, soprattutto, per avere ripetute crisi di identità ed esistenziali (chi più, chi meno). Credo però che gli ostacoli siano parte integrante di ogni percorso e se le motivazioni sono forti, o anche solo persiste la sensazione che si stiano cavalcando le onde giuste, sicuramente gli sforzi fatti verranno ripagati. In caso contrario non preoccupatevi, basta conservare lo scontrino dei libri acquistati 🙂
Introduzione